Associazioni Sportive Dilettantistiche e raccolta fondi: come comportarsi?

Raccolta fondi

Al giorno d’oggi sappiamo con certezza che una raccolta fondi può fare la differenza, anche per un’Associazione Sportiva Dilettantistica. Tuttavia, prima di avviarne una, è importante sapere come comportarsi. Per eseguire ogni passo in modo corretto bisogna di certo conoscere le correlate normative.

È doveroso innanzitutto considerare l’articolo 7 D.Lgs. 117/2017. Quest’ultimo afferma che le attività e le iniziative riguardanti una raccolta fondi vengono “poste in essere […] al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva”. Andiamo a conoscere tutti i relativi dettagli e le normative da seguire in merito alle raccolte di fondi.

Cosa fare quando si decide di avviare una raccolta fondi?

Sostenendo che l’articolo sopra citato si riferisca anche alle ASD iscritte al registro Coni, è comunque fondamentale chiarire che le correlate normative non sono uguali per tutti. Infatti, è importante distinguere le raccolte fondi organizzate e gestite dalle associazioni provviste di partita IVA, aderenti o non aderenti al regime 398/1991, da quelle avviate dalle associazioni che possiedono solamente il codice fiscale.

Le associazioni con codice fiscale

In questo caso, l’Associazione Sportiva Dilettantistica dovrebbe seguire l’articolo 143, comma 3, lettera a), Tuir. Esso afferma che i ricavi ottenuti grazie ad una raccolta fondi, organizzata per sostenere le attività sportive e gestionali, non fanno parte del reddito delle associazioni non commerciali e sono esenti dalla tassazione. Andrà considerato però “il regime di esclusione dall’imposta sul valore aggiunto”. Lo stesso vale per le occasionali “offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”.

Pur non contribuendo alla formazione del reddito, ogni raccolta fondi necessita di essere accompagnata da un rendiconto accurato. All’interno di esso dovranno essere dichiarati sia i ricavi ottenuti che le spese sostenute per l’organizzazione della raccolta stessa.

Era prevista la realizzazione di un decreto che potesse fare chiarezza e dare più specifiche indicazioni sull’adempimento delle normative in oggetto. Purtroppo, però, il suddetto non è mai stato ideato. Nonostante questo, si sostiene che oramai non sia più necessario, in quanto non è difficile occuparsi del rendiconto e procedere alla sua conservazione. Tra l’altro, al momento non è stato segnalato né riscontrato alcun particolare problema a riguardo.

Le associazioni facenti parte del terzo settore

Una normativa similare è presente anche relativamente alla regolamentazione delle attività di raccolta fondi attuate dagli enti sportivi facenti parte del terzo settore. Pertanto, persino questi ultimi devono seguire le indicazioni valide per le associazioni in possesso solamente del codice fiscale.

Le associazioni sportive con partita IVA

In questo ambito, è utile sottolineare che a riscontrare problemi sono le ASD provviste di partita IVA e aderenti al regime 398/1991. A questo proposito, è opportuno considerare l’articolo 25, comma 2, L. 133/1999. Anche in questo caso, i fondi accumulati “non concorrono a formare il reddito imponibile”, ma solamente per quanto concerne “un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore” a 51.645,69 euro. Questa norma si riferisce solo ai proventi totalizzati grazie ad una raccolta fondi pubblica o tramite l’avviamento di alcune attività commerciali correlate a scopi di tipo istituzionale.

In poche parole, a riscontrare limitazioni sono le associazioni con partita IVA che hanno aderito alla L. 398/1991, cosa che non accade per le associazioni in possesso del codice fiscale. In questa situazione, l’articolo 25, comma 2, L. 133/1999 prende il posto dell’articolo 143, comma 3, Tuir. Questo non accade per le ASD che non hanno scelto il suddetto regime. Nonostante questo, però, è doveroso considerare altre specifiche indicazioni.

Come comportarsi per l’applicazione dell’IVA? Dubbi e consigli

Per quanto riguarda l’applicazione dell’IVA bisogna prendere in considerazione la circolare 18/E del 2018, pubblicata dall’Agenzia delle Entrate. Questo documento contiene una parte indirizzata proprio alle associazioni sportive (dilettantistiche e non) aderenti al regime 398/1991. Conferma la decommercializzazione, entro i limiti precedentemente citati, degli eventi sopraindicati per quanto riguarda le imposte dirette.

L’IVA, invece, non viene inclusa all’interno di tale decommercializzazione. Perciò, questa dovrebbe essere applicata. Tuttavia, resta pur sempre la necessità di ottenere alcune ulteriori delucidazioni. Infatti, è da chiarire innanzitutto se anche le associazioni con partita IVA non aderenti al regime in questione debbano applicarla oppure no.

Il dubbio è presente altresì su un altro punto: sono da considerarsi soggetti all’applicazione dell’IVA solo i proventi derivati dalle attività commerciali a scopo istituzionale? Quasi certamente non si dovrebbe applicare l’IVA ai proventi derivati da raccolte fondi occasionali e/o saltuarie. Ad ogni modo, a questo proposito si aspettano comunque chiarimenti aggiuntivi.

Nel frattempo, si consiglia sempre di fare riferimento all’Agenzia delle Entrate della propria zona e richiedere specifiche delucidazioni a riguardo. Potrete inoltre reperire ulteriori informazioni all’interno del “Commento elaborato dalla Commissione fiscale Coni alla circolare 18/E del 2018”.

Fonte: https://www.ecnews.it/le-associazioni-sportive-e-le-attivita-di-raccolta-fondi/

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