Palestre in quarantena: come cambiano le ricerche online

Giuseppe Barbagallo GoodWorking
Interviste

Stiamo affrontando il gravoso problema delle conseguenze, anche in questa fase di riapertura, provocate dalla chiusura delle palestre e dei centri sportivi. Nelle precedenti “puntate” di queste nostre interviste abbiamo ascoltato le criticità di chi la chiusura forzata la sta subendo e le indicazioni su come cambiare il core business di queste realtà. Ma come hanno reagito gli utenti? Le persone, costrette a rimanere in casa, con il “solo” internet a disposizione, come hanno vissuto questa fase e quali cambiamenti e opportunità si prospettano nel futuro?

Per capirlo dobbiamo chiedere a chi lavora e mastica quotidianamente di web, motori di ricerca, dati e statistiche sui siti. Abbiamo quindi intervistato Giuseppe Barbagallo, SEO Specialist & Co-Founder della Web Agency Good Working che, tra gli altri, si occupa anche di gestire siti web di palestre e centri fitness.

Giuseppe, qual è la situazione?

«In queste settimane l’aumento di ricerche sui temi del fitness, dell’allenamento e del benessere ha avuto una crescita enorme. Tanto per fare un esempio la parola chiave “allenamento da casa” ha avuto un aumento delle ricerche di circa il 1400% rispetto al passato. E dire che comunque le ricerche legate allo sport, all’allenamento, al fitness e al benessere sono sempre state molto elevate»

Un tasso di crescita significativo che non ha riguardato solo l’Italia, ma anche il resto d’Europa?

«Sì, certo. L’Italia è dietro solo alla Spagna e davanti a Francia, Norvegia, Islanda e Regno Unito che, comunque, hanno avuto crescite significative e abbondantemente fuori dal comune»

Una condizione che, seppur tra tutte le differenze sul numero dei contagi e le relative misure di lockdown prese dai rispettivi governi, accomuna tutti i Paesi dell’Europa. Con le persone che, costrette a rimanere a casa, cercano come mantenersi in forma.

Entrando, invece, più nello specifico, ci sono differenze sul tipo di allenamento che le persone fanno o vorrebbero fare?

«È interessante notare come gli italiani abbiano concentrato le loro ricerche, nell’ordine, sugli esercizi per gli addominali, il petto e i glutei. L’interesse maggiore, quindi, è quello sulla parte superiore del corpo»

L’aumento delle ricerche potrebbe essere spiegato anche dalla necessità di impegnare il tempo che dal desiderio di evitare che le settimane di reclusioni portassero a un peggioramento della forma fisica. Giuseppe, credi che questo trend possa essere confermato anche ora che le misure di lockdown in Italia sono state allentate?

«Sicuramente durante i mesi di questa pandemia, come riportato da diverse ricerche, c’è stato un aumento delle ricerche online, soprattutto per quanto riguarda il fitness e le attrezzature. Infatti il settore gli acquisti del materiale per le palestre, anche quelle da casa, hanno lavorato molto, nonostante le difficoltà con le consegne. Questo perché ci sono stati tanti acquisti anche da parte di persone che solitamente su uno shop online di articoli per palestre non ci sono mai andate.

Sicuramente da quello che si può notare anche oggi, parallelamente a una piccola ripresa, molte persone hanno iniziato a fare attività fisica. La cosa è per molti aspetti curiosa visto che sembra che l’interesse sia nato solo ora, dopo i due mesi di reclusione. Sotto certi punti di vista questo può essere positivo per le palestre che dal 25 sono ripartite pur tra mille difficoltà e accortezze.

È cambiato l’approccio dei centri sportivi al digital e alle piattaforme web?

Quello che è interessante, almeno per la mia esperienza, è che c’è una richiesta da parte delle palestre e dei centri sportivi nell’iniziare seriamente a investire sul web e a creare piattaforme di home fitness. L’obiettivo è quello di permettere ai soci di continuare a seguire da casa le lezioni, che siano registrate o in streaming. Questo è un servizio che può andare ad abbracciare nei prossimi mesi quelle persone che magari hanno timore di tornare in palestra, chi al momento non può tornarci e tutti coloro che l’attività sportiva non l’hanno mai fatta. Persone che in questo periodo di lockdown, spinti dalle pubblicità o dai social, si sono messi in movimento dentro casa e quindi hanno apprezzato la possibilità di seguire dei corsi su misura alle proprie esigenze.

Questo può essere uno strumento utile che non va a sostituire il corso live in palestra, la socialità o il contatto con le persone, ma sicuramente deve affiancarsi a una nuova forma di business. È un qualcosa che va a supportare l’attività offline e che serve soprattutto a fidelizzare i clienti. Questo è stato uno dei punti su cui molti hanno insistito di più in queste settimane: ovvero non abbandonare i propri soci i quali, oltretutto, avevano sottoscritto degli abbonamenti annuali e che di colpo si sono ritrovati rinchiusi in casa.

Abbiamo realizzato in collaborazione con alcuni centri sportivi delle piattaforme online, dando la possibilità ai soci di seguire le loro lezioni preferite online. Per visualizzare i vari corsi era necessaria la registrazione alla piattaforma. Grazie alla condivisione della piattaforma sui vari canali social, abbiamo registrato un incremento di iscrizioni alla piattaforma da parte di persone esterne, mai iscritte in quel centro sportivo.

Un’altra delle cose che stiamo sviluppando è quella di effettuare delle dirette streaming con il tuo specifico personal trainer. Quindi una persona che ti segue in diretta streaming quando sei a casa, in modo tale che hai una sorta di “contatto” con una persona e non con un corso registrato»

Anche in virtù della tua esperienza pensi che l’allenamento da casa, magari supportato da tecnologie adeguate, possa essere un mercato redditizio per le palestre? Queste dovranno rinunciare completamente all’erogazione classica del servizio o sarà possibile trovare forme di coesistenza di servizi online e offline?

«Sì, sicuramente può essere uno strumento che si può affiancare all’offline e che lo deve supportare. Sicuramente non è il canale primario per una palestra o per un circolo sportivo perché in questi contesti la socialità, l’allenarsi in gruppo e il gareggiare sono elementi essenziali. Però allo stesso tempo poter seguire un istruttore in diretta live su Facebook o su una piattaforma dedicata, ha permesso alle persone di non sentirsi sole. E questa, per le palestre che hanno colto queste possibilità, è stata un’arma vincente.

Un’altra cosa che stiamo implementando è quella non solo di fornire dei video in maniera gratuita, ma una realtà digitale nella quale c’è una gestione degli abbonamenti settimanali, mensili o annuali. All’interno di queste realtà ci sono varie discipline di cardio, isotonica da poter fare a casa anche con dei consigli sugli strumenti da acquistare. O, laddove non è possibile, indicazioni sugli oggetti presenti in casa da utilizzare per svolgere questi esercizi. In questo modo si va ad arricchire il ventaglio di offerte di una palestra»

È stato registrato anche un aumento del costo degli accessori per il fitness; questa sarà solo una conseguenza di una fase speculativa iniziale o una costante dei prossimi mesi?

«Come in tutte le cose c’è stata una speculazione perché la richiesta è stata altissima e molte attività che vendevano articoli e attrezzature per palestre non erano pronte anche per quel che riguarda le spedizioni. Basti pensare anche ad Amazon che ha dato priorità ai beni di prima necessità. Sicuramente c’è stato un incremento delle vendite delle attrezzature fitness, anche di piccola misura come tappetini, elastici e pesi, anche da persone che non sono mai entrate su un sito di attrezzature di questo genere. Sotto questo punto di vista si sono aperte molte frontiere»

Se l’online sarà sempre più essenziale, qual è il ruolo dei siti, dei profili social, delle piattaforme web e delle tecnologie digital? Come potranno supportare i servizi di palestre e centri fitness?

«Per fare una battuta, ma forse nemmeno tanto, ci sono stati imprenditori e aziende che nel 2020 si sono accorte dell’esistenza del web. Oltre l’ironia c’è un aspetto drammatico perché in questo periodo molte attività, dal vivaio all’e-commerce di articoli sportivi o di oggetti personalizzati, così come di servizi online e in streaming, sono andate avanti e hanno continuato a vendere. Questo perché avere un sito web e non solo, ma una strategia digitale che lo supporti (i canali social, l’email marketing, il posizionamento sui motori di ricerca, eccetera) ha permesso a molte attività di ricevere traffico e di convertirlo in vendite.

Oggi questa pandemia deve insegnare che la presenza sul web è fondamentale, ma non solo per la parte commerciale. La presenza di una palestra sul web non deve limitarsi esclusivamente alla vendita di abbonamenti. Si deve ragionare in termini di brand, di come farlo crescere e far capire che dietro a quel brand c’è una cultura dello sport.

Ripeto: le attività che prima della pandemia erano presenti sul web con un sito e una strategia digital ben fatta, hanno sicuramente affrontato questa crisi in maniera diversa, molte addirittura in maniera eccellente avendo aumentato le vendite e le richieste. Tante altre palestre, invece, hanno aperto una pagina Facebook o un sito solo nel momento dell’inizio della pandemia per proporre contenuti, ma questo è stato probabilmente l’errore più grande che potessero fare.

L’utente oggi non cerca più la palestra vicino casa; oggi l’utente è una persona molto informata che cerca dei corsi particolari o i benefici di un determinato allenamento. Per questo, ad esempio, avere un blog e posizionare delle parole chiave in prima pagina su Google, permette agli utenti che cercano informazioni, non solo di trovarle, ma anche di entrare in contatto con un brand di una palestra che sa di cosa sta parlando.

Questo spinge le persone a contattare la palestra, andarla a visitare, eccetera. Oggi conviene lavorare su parole chiave specifiche perché quelle generiche sono inflazionate e non consentono di trovare risultati davvero utili»

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